Una persona si considera “sola” al lavoro quando non può essere vista o sentita da un’altra persona né avere un contatto diretto con altri per lungo tempo, anche per l’intero turno lavorativo.

Il lavoro in solitudine comporta per il lavoratore tre tipi principali di rischi:

  • il rischio di non essere soccorso in tempo utile in caso di malore o infortunio;
  • il rischio di trovarsi ad affrontare da solo situazioni di eventuale emergenza (per esempio in caso di incendio);
  • il fattore psicologico che, sul lungo periodo, può avere ricadute sullo stato di benessere generale del lavoratore.

I tre aspetti dovrebbero essere affrontati agendo, in primo luogo, sull’organizzazione, riducendo il più possibile il lavoro in solitudine e, in secondo luogo, ricevendo formazione e addestramento idonei, ad esempio la modalità di chiamata di aiuto e di comportamento in caso di emergenza.

Per tutelare l’aspetto della sicurezza del lavoratore che opera in solitudine sono state sviluppate apparecchiature e sistemi di teletrasmissione che rilevano l’assenza di movimento e la posizione del lavoratore (eventuale posizione orizzontale), ed in questi casi lanciano un allarme comunicando la localizzazione precisa del lavoratore indirizzando i soccorritori.

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